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Ricordo del carabiniere Francesco Affrunti arrestato dai titini a Gorizia e scomparso, 1945

Ci sono poche notizie. A guerra finita, Francesco Affrunti, dell’Arma dei Carabinieri, è catturato da partigiani slavo-comunisti a Gorizia. È il mese di maggio 1945. Era nato a Ventimiglia di Sicilia (PA) il 26 ottobre 1915. La fotografia dei familiari lo ricorda in quanto “deportato e scomparso, presumibilmente infoibato”. È la nipote Giusi Affrunti Hölk a fornirmi gentilmente i dati per il presente articolo, grazie a un contatto di comuni amici esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia.

Foto sotto: Gorizia, Sant’Andrea, cartolina con l’ingresso alla caserma del 24° Reggimento Fanteria, anni 1920-1930. Collezione privata.



Il nome di Francesco Affrunti è stato pubblicato anche dal «Messaggero Veneto» di Udine in un articolo dal titolo: “Mille nomi di deportati riemersi dall’oblio”. Qui ci sono delle aggiunte. Si sa ad esempio che pure il padre, Salvatore, era carabiniere, inoltre è specificata la data dell’arresto (“il 4 maggio 1945”) da parte dei miliziani titini. La famiglia Affrunti, tuttavia, nutre dei dubbi riguardo al legame dello Zio Francesco col suddetto “Salvatore Affrunti carabiniere”. I casi di omonimia non sono rari.

Pochi studiosi spiegano che i titini, oltre ad occupare Fiume, Pola, Trieste e Gorizia, sono giunti sino a Monfalcone, Muggia, Romans d’Isonzo, Cividale del Friuli, Aquileia, Cervignano del Friuli, nella Bassa friulana e Gemona del Friuli, sulle Prealpi Giulie. Una jeep di artificieri iugoslavi fu vista da partigiani della Osoppo sulle rive del Tagliamento, vicino ad un ponte verso il Pordenonese. Come ha scritto, a p. 83, Maria Grazia Ziberna a Gorizia “il periodo dell’occupazione titina, dal 2 maggio al 12 giugno 1945, vide la costituzione nella Venezia Giulia dello Slovensko Primorje, cioè il Litorale Sloveno, che aveva come capoluogo Trieste e comprendeva anche il circondari di Gorizia, diviso in sedici distretti e composto anche dai comuni di Cividale del Friuli, Tarvisio e Tarcento [della provincia di Udine], considerati slavofoni”.

I Titini a Gorizia operano con i consiglieri sovietici. È risaputo che l’occupazione di Gorizia dal 1° maggio 1945 da parte dei miliziani di Tito, assistiti da tecnici sovietici, durò 40 giorni, durante i quali furono arrestati e deportati centinaia di italiani. La presenza sovietica rientra nella dicitura “formazioni poliziesche”, come l’Ozna, che affiancano l’Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia (vedi: Lidia Luzzatto Bressan, p. 16). Gli artificieri iugoslavi fanno persino saltare due ponti sull’Isonzo, rallentando così l’arrivo delle truppe alleate, per procedere meglio alla caccia degli italiani, facendo innalzare i cartelli “Gorica je naša” (Gorizia è nostra). Poi puntano sul Tagliamento ed oltre. Esiste un elenco di 651 civili e militari arrestati a Gorizia e deportati dai titini fra il 1° maggio e il 12 giugno 1945 che, pur necessitando di ovvi aggiornamenti, rappresenta il teatro delle eliminazioni al confine orientale. In ogni pattuglia titina aggirantesi per la città con tanto di elenco, durante la cattura, partecipa pure un partigiano garibaldino italiano, per individuare meglio i potenziali prigionieri.


Foto sopra: Dislocazione dei tre Centri raccolta profughi giuliano dalmati in Sicilia: Termini Imerese (PA), Cibali (CT) e a Siracusa. Da una diapositiva di Maria Grazia Ziberna, ANVGD di Gorizia, che si ringrazia per la cortese concessione alla pubblicazione e diffusione.

Gli studenti di Palermo nel 2018

Secondo «La Repubblica» dell’8 Febbraio 2018, nella Cronaca di Palermo, gli studenti dell’Istituto “Stenio” di Termini Imerese (PA) hanno allestito la mostra “Popolo in fuga, Sicilia terra d’accoglienza”, che ripercorre attraverso foto inedite e scritti la vita quotidiana presso il Campo profughi istituito nel 1948 dalla prefettura di Palermo nella caserma ‘La Masa’ di Termini Imerese. La mostra prende spunto dal libro col titolo omonimo, scritto da Fabio Lo Bono, che ha raccolto le interviste a tanti protagonisti dell’epoca, costretti a lasciare la propria terra, optando di rimanere italiani, esuli in patria.

Nella Villa Pajno, che fu l’abitazione per 100 giorni del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, sono rivissute le storie di altri eroi, grazie alla mostra degli studenti. Una foto ricorda Enrichetta Hodl, la ventenne arrestata a Fiume, che non fece mai più ritorno a casa ed altri imprigionati dai titini e mai più visti.

Nel corso dell’iniziativa, sotto la guida del Prefetto di Palermo, sono state consegnate le medaglie alla memoria di civili, pubblici funzionari di polizia e militari sequestrati dai partigiani titini e infoibati. Ci sono quattro siciliani tra le migliaia vittime di quell’odio ideologico e razziale che si consumò nei 40 giorni successivi all’8 settembre 1943 e dopo la fine della seconda guerra mondiale nelle terre di Istria, Fiume, Dalmazia. Sono stati gli studenti a leggere le storie degli insigniti con onore. Tra di essi c’è stato proprio il carabiniere siculo Francesco Affrunti, che aveva 30 anni. Prestava servizio a Gorizia, dove, a guerra finita, fu prelevato dai partigiani di Tito, insieme a molti commilitoni, poi tutti scomparsi nei gulag jugoslavi. Fin qui il giornalista de «La Repubblica».

Foto sotto: Profughi del Centro raccolta di Termini Imerese, anni ’50. Da: Fabio Lo Bono, Popolo in fuga. Sicilia terra d’accoglienza. L’esodo degli italiani del confine orientale a Termini Imerese, Lo Bono editore, Termini Imerese (PA), 1.a ediz.: 2016 e 2.a ediz.: 2018.



Fonte digitale

Giusi Affrunti Hölk, Baruta (Venezuela) 1958. Ha abitato a Palermo, poi trasferita in Renania. Vive ad Haan, Germania, email allo scrivente del 14 maggio 2021 e del 28 giugno 2022.

Collezione privata

Giusi Affrunti Hölk, Haan, Germania, fotografia dello zio Fracesco.

Cenni bibliografici

- Fabio Lo Bono, Popolo in fuga. Sicilia terra d’accoglienza. L’esodo degli italiani del confine orientale a Termini Imerese, Lo Bono editore, Termini Imerese (PA), 2018.

- Lidia Luzzatto Bressan, Gli scomparsi da Gorizia nel maggio 1945, a cura del Comune di Gorizia, Associazione Congiunti dei Deportati in Jugoslavia, 1980.

- “Mille nomi di deportati riemersi dall'oblio”, «Messaggero Veneto», 9 marzo 2006.

- “A Villa Pajno gli studenti ricordano le vittime delle foibe e l’esodo dei profughi istriani”, «La Repubblica», Cronaca di Palermo, 8 Febbraio 2018.

- Maria Grazia Ziberna, Storia della Venezia Giulia da Gorizia all’Istria dalle origini ai nostri giorni, Gorizia, Lega nazionale, 2013.

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Ricerca di Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Giusi Affrunti Hölk e Marco Birin. Copertina: Francesco Affrunti in divisa, vedi anche qui sotto.



Si ringrazia per la collaborazione: Maria Grazia Ziberna, presidente dell’ANVGD di Gorizia.

Altre fotografie da collezioni citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/

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