Riceviamo da Laura Brussi, una esule da Pola, il seguente comunicato che volentieri pubblichiamo nel blog. Buona lettura. (Elio Varutti)
Riflessione sulle iniziative tenute in Italia, con particolare riguardo a Civitavecchia (RM), all’insegna dei valori non negoziabili, ricorrendo il LXXVII anniversario dall’olocausto della Martire istriana (5 0ttobre).
Nel 2020 si è celebrato il centenario di Norma Cossetto, la giovane patriota istriana seviziata e assassinata dai partigiani comunisti di Tito nel torbido autunno del 1943, ormai assurta a simbolo della tragedia di un intero popolo: quello giuliano e dalmata, che in Italia fu il più colpito dalla guerra e dalle sue conseguenze a medio e lungo termine, alla luce dei 20 mila Caduti per cause non belliche e dei suoi 350 mila Esuli, un quarto dei quali destinati all’ulteriore diaspora dell’emigrazione a seguito dell’accoglienza non certo ottimale ricevuta troppo spesso da una patria matrigna.
Norma era nata nel 1920 a Santa Domenica di Visinada, dove stava preparando la tesi di laurea dedicata alla sua Istria, che avrebbe dovuto discutere a Padova, quando sopravvenne l’armistizio dell’otto settembre che nelle zone del confine orientale fu immediatamente seguito dalla caccia agli italiani, ancor prima del momentaneo e precario ripristino di una sovranità nazionale largamente affievolita dalla presenza tedesca. Assieme alla famiglia finì subito nel mirino dei partigiani che la sequestrarono e le usarono ogni tipo di violenza, prima di infoibarla a Villa Surani nella notte del 5 ottobre assieme a tante altre Vittime innocenti.
Norma fu arrestata il 26 settembre, rilasciata quasi subito e nuovamente imprigionata dopo due giorni: a questo punto, le efferatezze a suo danno furono tanto più forti, perché i suoi carcerieri non accettarono il rifiuto opposto da Norma alla turpe pretesa di tradire l’Italia e di scegliere un “verbo” oggettivamente perverso: motivo che avrebbe suffragato, in tempi largamente successivi, il conferimento della Medaglia d’Oro “ad memoriam” per iniziativa del Presidente Carlo Azeglio Ciampi, e che avrebbe suffragato la sua assunzione di un ruolo simbolico nella storia del confine orientale, all’insegna dell’eroismo.
La storia di Norma, che oltre a preparare la tesi aveva ottenuto una supplenza di lettere nella Scuola media di Parenzo dove avrebbe lasciato ricordi indelebili della sua cordiale e affettuosa disponibilità, e che sognava un futuro felice nella sua Istria, è tutta qui. A prescindere dai tanti dettagli circa la nobiltà dei suoi pensieri e dei suoi atteggiamenti, opportunamente memorizzati dai biografi e dagli storici, il suo dramma resta quello di una donna travolta da una vicenda iniqua e dal disegno di pulizia etnica e politica programmata con metodo sicuro dai pretoriani di Tito, non senza l’aggravamento di varianti proprie.
In qualche misura si tratta di una storia breve ma emblematica e di un contributo alla verità storica che non ha bisogno di soverchi commenti. Non a caso, il nome di Norma è stato affidato al ricordo dei posteri con una lunga serie di monumenti eretti in suo onore, senza dire delle numerose intitolazioni toponomastiche di luoghi pubblici (ormai una cinquantina) non escluse quelle di aule scolastiche, biblioteche, sale comunali e via dicendo. Evidentemente, la sua storia, conclusa da una fine orribile a causa della “malefica stella vermiglia” citata nell’iscrizione del Sacrario di Basovizza, ha colpito l’inconscio collettivo lasciando una traccia indelebile nelle menti e nei cuori di tanti italiani, e promuovendo un ventaglio d’iniziative idoneo a sottolineare la perenne attualità dei valori “non negoziabili” tanto più apprezzabile in un’epoca individualista - se non anche nichilista - come la nostra.
In tale ottica, quella del Cinque Ottobre di Norma è diventata una ricorrenza quasi sacrale, in cui rimangono una “pietas” non solo rituale per la giovane Vittima dell’odio altrui che lei aveva ricambiato con l’entusiasmo del suo atteggiamento di solare cordialità; ma prima ancora, in cui permane la condivisione dei suoi alti ideali e del suo impegno patriottico. Tutto questo si manifestava non già a parole, ma nell’ambito della famiglia, dello studio e della professione, dove Norma dava il meglio di sé, come emerge dalle coinvolgenti testimonianze che i suoi ex allievi hanno lasciato a futura memoria. In tutta sintesi, il suo esempio fu idoneo a trascendere il tempo e lo spazio, in guisa da potersi ergere a modello di una vita semplice, e peraltro improntata ad una forte volontà nell’opposizione a ogni tipo di violenza fisica e morale.
Il centenario di Norma ha consentito a tanti Comuni italiani di ricordare nuovamente Norma assieme al suo esempio; e con lei, la tragedia del suo popolo, alla luce del vecchio auspicio che “indocti discant et ament meminisse periti” (chi non conosce, apprenda - e chi sa, ami ricordare). Nell’impossibilità di rammentare tutti, è congruo riservare un pensiero speciale a Civitavecchia, anche alla luce della sua tradizione nella memorialistica patriottica, circa la quale basta ricordare il Sacrario dei Caduti di Stato Maggiore dalle guerre del Risorgimento ai nostri giorni, che costituisce un “unicum”: in effetti, la città laziale era stata all’avanguardia, subito dopo l’approvazione della Legge 30 marzo 2004 n. 92 - con cui fu istituito il Ricordo di Esodo e Foibe e delle “complesse vicende del confine orientale” - nell’affidare al marmo un ricordo per i profughi e per le Vittime infoibate o diversamente massacrate dai partigiani di Tito, “nel rispettoso ricordo del loro sacrificio”. Ebbene, questi sentimenti sono stati confermati in un’altra iscrizione murale appena scoperta per l’Anfiteatro “Norma Cosetto” in occasione del centenario, quale riconoscimento del suo martirio e della sua Medaglia d’Oro; e quindi, dei valori per cui fece olocausto della vita.
Il ringraziamento a Civitavecchia deve intendersi simbolicamente esteso a tutte le Città che hanno assunto decisioni analoghe, lungi da ogni intento meramente formale o celebrativo, ancorché meritorio, ma nella consapevolezza di proporre l’obbligo di non dimenticare alla stregua di un adeguato senso civico e di una riflessione davvero propositiva: come avrebbe detto David Ben Gurion, un popolo senza ricordo è un popolo senza futuro.
Norma Cossetto ha pagato con la vita il suo impegno per l’Italia, per la giustizia e per la libertà, come sta scritto in sua memoria sulle pietre che l’Università patavina ha dedicato alla sua studentessa unitamente alla laurea “honoris causa” conferita nel 1949 per iniziativa del prof. Concetto Marchesi, il celebre latinista di convinta fede marxiana ma pur sempre obiettivo. Ebbene, quel grande sacrificio non è stato moralmente vano perché ha consentito di meditare sulle motivazioni e sulla nobiltà di scelte come quella di Norma che fu capace di escludere l’ipotesi di ogni compromesso e di ripudiare “le vie dell’iniquità” di cui alla preghiera di Mons. Antonio Santin, Vescovo di Trieste e Capodistria in quella stagione disumana. In effetti, il male è sempre in agguato, ma l’esempio dei Martiri che non vollero piegarsi alla violenza istituzionale, alla tortura più nefanda e all’ateismo di Stato è destinato a dare frutti copiosi: soprattutto se quelle meditazioni sapranno indurre una volontà generale idonea a spostare l’ardua frontiera del possibile.
Laura Brussi, esule da Pola
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Testo e fotografie di Laura Brussi. Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti.
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