Italiani di Pola deportati a Buccari dall’Ozna nel 1945 poi in esilio a Cagliari con l’ANVGD
- evarutti
- 29 ago
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Aggiornamento: 11 ore fa
Nel mese di giugno 1945 Pola fu occupata dai partigiani comunisti di Tito (“the town was occupied by Tito Force”). Alessandro Davoli fu arrestato a casa, in Via Besenghi 10, dall’Ozna, il servizio segreto jugoslavo con l’accusa di collaborazionismo. Assieme ad altri fu deportato a Buccari, vicino Fiume, oggi Croazia, e detenuto in un campo di concentramento per circa quattro mesi. Fu processato, quindi, dal Tribunale Popolare di Fiume, assolto come ‘innocuo’ e liberato (“was arrested by Ozna, accused for ‘collaboration’ – deported to Buccari, near Fiume, Yugoslavia, was processed by Popular Tribunal in Fiume, assolved as harmless, liberated”).
La presente ricerca si basa sui rari documenti inediti nell’Archivio di Bad Arolsen (Germania), da poco disponibili nel web. È sul “Questionnaire” a lui dedicato per la domanda d’assistenza dell’IRO che si leggono tali parole dattiloscritte e firmate così: “geometra Alessandro Davoli”. L’International Refugee Organization (IRO) era l’Organizzazione Internazionale per i Rifugiati che organizzava le partenze delle navi da Bagnoli, presso Napoli, o da altri porti verso le Americhe e l’Oceania.

È segnalato, in Internet, un campo di concentramento fascista, aperto nel 1942, a Buccari verso il mare, per detenere fino a un migliaio di civili jugoslavi in 20 baracche recintate col filo spinato (campifascisti.it). Probabilmente la stessa struttura fu adoperata dai partigiani jugoslavi per imprigionare italiani nel dopoguerra. Gli autori Guerrino Girolamo Corbanese e Aldo Mansutti, infatti, la menzionano in un elenco di 25 campi di concentramento jugoslavi del dopoguerra con queste parole: “Bakar – Buccari – Campo di concentramento: centinaia di fiumani e polesani” (Corbanese G. G., Mansutti A. 2010 : 159).
Gli studiosi Amleto Ballarini e Mihael Sobolevski, inoltre, hanno individuato nei pressi di Buccari due prigioni per contenere italiani sotto il controllo dell’Ozna: a Cirquenizza (Crikvenica), sul litorale e a San Martino in Valle (Martinšćica), sull’Isola di Cherso, in Croazia (Ballarini, Sobolevski 2002 : 212).
Nel mese di ottobre 1945 il Davoli ritornò a Pola e scoprì che la sua azienda era stata confiscata e tutti i macchinari edili erano stati sequestrati dai partigiani di Tito (“Returned to Pola and found his firm has been confiscated and all building-machines sequestrated by Tito Partizans”).
Dal 1945 al 1947, conoscendo la lingua francese, trovò lavoro professionale per l’Amministrazione del Governo Militare Alleato di Pola, Venezia Giulia (“from 1945 to 1947 appl. worked in his profession for the Allied Mil. Govern. Administr. in Pola VG”). Il 18 gennaio 1947 lasciò Pola, per raggiungere Reggio Emilia, Via Matteotti 20, dove vivevano i suoi genitori. Poi spostò pure la famiglia, composta dalla moglie Maria Carlovich, nata a Pola nel 1912 e dai figli Fabrizio, nato a Pola nel 1938, e Giulia nel 1941. Nel mese di dicembre 1948 si trasferì per lavoro a Cagliari, risiedendo in Via Dante 15.
Il costruttore Davoli Alessandro, figlio di Cesare Augusto e di Giulia Bazzani, nato a Reggio Emilia il 26 giugno 1908 e profugo di Pola nel 1947, chiese il diritto d’opzione nel mese di luglio 1948 a Reggio Emilia. Fece domanda di assistenza IRO su carta intestata dell’Associazione Nazionale per la Venezia Giulia e Zara (ANVGZ), Comitato Provinciale di Cagliari, il 21 agosto 1949, a firma illeggibile del presidente del sodalizio. L’ANVGZ era già trasformata in ANVGD, ma non si buttavano via i moduli e i timbri. Voleva emigrare in Cile, o in Australia, con moglie e figli. Non fu concesso loro il mandato dell’IRO per il viaggio, a firma di H.C.F. George, l’ufficiale addetto, e di G. P. Migliorini, perciò rimasero in Italia, ricominciando una nuova vita.
Interessante è notare che il geometra Davoli visse a Pola e a Fiume lavorando come manager della Cooperativa Muratori di Carpi. Tra il 1932 e il 1935 per la sua professione temporaneamente visse a Zara, in Calle Papuzzeri (Arolsen Archives). Nel mese di settembre 1939 fu richiamato nell’Esercito italiano, come tenente nel 1° Reggimento di artiglieria a Pordenone, allora provincia di Udine, per 4 mesi, ma fu dimesso [posto in congedo, NdR], quale personale necessario all’industria delle costruzioni, ritornando a lavorare a Pola.
Si segnala, infine, che il “geometra Alessandro Davoli, di largo Oberdan 12” è citato nelle pagine della provincia di Pola, nella Guida generale di Trieste e della Venezia Giulia, a pagina 1.967.

La storia dei Davoli su "L’Arena di Pola"
Da Bologna, nel 1996, Fabrizio Davoli, figlio di Alessandro, raccontò pubblicamente la storia dell’esodo familiare, ricalcando le violenze e le vessazioni comuniste dichiarate dal suo babbo al funzionario dell’IRO nel 1949. C’è l’aggiunta sui lutti di famiglia e altri arresti arbitrari. “I partigiani jugoslavi infoibarono tre cugini giovani, la cui unica colpa era quella di essere italiani”. Andando a trovare il marito-padre geometra Alessandro, recluso prima nel campo di concentramento titino a Buccari e poi a Fiume, la polizia jugoslava arrestò Fabrizio Davoli e la sua mamma Maria Carlovich. “Avevo sette anni ma ricordo ancora il freddo della canna di pistola che ci misero sotto il naso”.
Poi, sempre in bilico tra oblio e memoria, ha aggiunto: “lo e mia madre fummo rilasciati perché capo dell’Ozna dell’Istria, Picunic, [Oskar Piškulić, NdR] aveva lavorato nella fabbrica di mio padre. Disse che una donna e un bambino potevano essere rieducati. Non dimenticare significa dare un contributo affinché queste cose non abbiano più a ripetersi. Anche se volessi non potrei mai dimenticare l’estate del ‘43, l’ultima passata in Istria. Eravamo a Fasana, la nostra residenza balneare, alla periferia di Pola. Appena gli slavi vi misero piede, decapitarono letteralmente la cittadina, arrestando intellettuali, professionisti e militari, indipendentemente dalla fede politica. Abitavamo in una villa sul mare da dove si vedevano galleggiare i cadaveri mutilati, legati col filo spinato. La sorte degli italiani. anche quelli che erano conosciuti per fervidi militanti comunisti, sembrava segnata: foibe o mare. Spesso precipitati vivi, altre volte ammazzati con un colpo alla nuca. Mio padre è rimasto sull’orlo di una foiba per due giorni legato con un altro. E poi ci si chiede perché siamo scappati dall’Istria?”. Si ricorda che Oskar Piškulić era il capo della polizia segreta a Fiume, nota con la sigla Ozna, e poi Udba (Ballarini, Sobolewski 2002 : 82).
Gli antropologi, come Marc Augé, hanno spiegato che l’oblio sia funzionale alla memoria. Scegliendo cosa ricordare e cosa tralasciare si dà “significato e direzione alla nostra stessa esistenza” (Augé M. 2025). Deve essere per tale motivo che l’ingegnere Fabrizio Davoli ricordò che: “Al pari di tante altre migliaia di persone all’inizio del '47 c’imbarcammo sulle navi che facevano ininterrottamente la spola tra Pola e Venezia. Tutto quello che riuscimmo a portare via fu un rullo compressore e un paio di valigie. Ricordo che nella maglietta mia madre mi cucì un milione che allora era un bel po’ di denaro. Ringraziavamo Dio per essere vivi. Ma le sorprese non erano finite. A Venezia ci aspettava una folla inferocita che agitava bandiere rosse e cartelli con su scritto fascisti vi rimanderemo da Tito. Volevano picchiarci. Ricordo che sulla nave gli uomini cominciavano ad organizzarsi per difendersi. A proteggerci furono polizia e carabinieri. Una volta sbarcati i miei parenti si sparsero per il mondo: Nord America, Sud America, Australia”.
Sempre per valorizzare la memoria, su «L’Arena di Pola», poche settimane dopo, Peter Bursich scrisse un ricordo dell’imprenditore di Pola Alessandro Davoli. Ecco e sue parole: “Sull’Arena del 26 ottobre, è apparso 1’articolo di Fabrizio Davoli, figlio dell’imprenditore Alessandro. Negli anni 1941-42-43 io ero un dipendente della ditta di Alessandro Davoli, i cui uffici erano collocati in via Smareglia. Alla fine della guerra, cioè con l’occupazione di Pola da parte delle truppe di Tito, lo stesso edificio ospitava la famosa Ozna Udba-Polizia segreta. In quel tempo, la ditta Davoli operava in una cava di pietra in via Dignano, proprio vicino la sezione staccata del V Artiglieria. Il materiale della cava veniva adoperato al campo di aviazione di Altura. Alessandro Davoli era una cara persona e si dava da fare per aiutare chi ne avesse bisogno. Io ero spesso a casa sua e mi ricordo del piccolo Fabrizio, che a quel tempo poteva avere sei-sette anni. Ricordo anche i nomi di altri dipendenti della ditta: Rossi, Rupeni, Giadresco, Goglia, Malusà, Tarticchio, Francovich e Preden. Ringrazio Fabrizio Davoli per aver chiarito certi aspetti della vita di suo padre”.

Conclusioni – La vicenda istriana del geometra Alessandro Davoli ci mostra il colmo dei colmi. Nel 1945 è arrestato dall’Ozna jugoslava e imprigionato nel campo di concentramento di Buccari per “collaborazionismo”. Sua moglie e suo figlio andavano a trovarlo e furono arrestati dagli jugoslavi, ma rilasciati perché il capo dell’Ozna di Fiume era Piškulić, un suo ex dipendente (pure lui collaborazionista?). Dopo qualche mese Davoli riuscì a ritornare nella sua Pola e scoprì che gli avevano sequestrato l’impresa edile di Via Smareglia, con tutti i macchinari da lavoro. Addirittura nello stesso edificio c’era uno degli uffici dell’Ozna. Davoli pensò all’esodo, mentre lavorava a Pola per gli Alleati. Nel 1947 la famiglia Davoli raggiunse Reggio Emilia. Le tappe successive furono la Sardegna, la Sicilia e, per il figlio Fabrizio, l’Emilia Romagna, dove si dettero da fare per ricominciare a vivere.
Come già detto, Oskar Piškulić, nato a Fiume nel 1920, era il capo della Polizia segreta jugoslava Ozna di Fiume nel dopoguerra. Era chiamato “Žuti”, per la carnagione (žuti=giallo, in croato). A Fiume fu responsabile dell’uccisione di centinaia di italiani e di rapine. In un’intervista degli anni ‘90 si vantò delle sue azioni dicendo: “Rifarei assolutamente le stesse cose”. Non fu mai processato nel suo Paese.
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Bibliografia e fonti d’archivio
Oltre agli operatori e alla direzione degli Archivi di Arolsen (Germania), della Biblioteca Civica di Trieste e dei siti web menzionati, si ringrazia Claudio Ausilio (ANVGD Arezzo) per la collaborazione all’indagine.
- Marc Augé, Le forme dell’Oblio. Dimenticare per vivere, (ediz. originale: “Les formes de l’oubli”, 1998), Sesto S. Giovanni (MI), Meltemi, 2025.
- Amleto Ballarini, Mihael Sobolevski (a cura di / uredili), Le vittime di nazionalità italiana di Fiume e dintorni (1939-1947) / Žrtve talijanske nacionalnosti u Rijeci i okolici (1939.-1947.), Roma, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, 2002.
- Peter Bursich, “Alessandro Davoli imprenditore, Memorie dal Canada”, «L’Arena di Pola», 30 novembre 1996, p. 2.
- Guerrino Girolamo Corbanese, Aldo Mansutti, Ancora sulle foibe. Gli scomparsi in Venezia Giulia, in Istria e in Dalmazia 1943-1945, Udine, Aviani & Aviani, 2010.
- Andrea Giuseppini, “Buccari - Campo di concentramento, Bakar – Croazia”, s.a.
- Guida generale di Trieste e della Venezia Giulia. Provincie di Trieste, Udine, Gorizia, Pola, Carnaro e Zara, Trieste, Stabilimento Tipografico Nazionale, 1940-XVIII.
- “Intervista di Fabrizio Davoli. La fine di Pola”, «L’Arena di Pola», 26 ottobre 1996, p. 7.
- William Klinger, Ozna. Il terrore del popolo. Storia della polizia politica di Tito, Trieste, Luglio, 2015.
- Personal file of Alessandro Davoli, born on 26-Jun-1908, born in Reggio Emilia and of further persons. Arolsen Archives (Germany).
- Elio Varutti, L’Ozna e gli italiani di Fiume nei documenti degli Archivi di Arolsen. Il ruolo dell’ANVGD, on line dal giorno 11 agosto 2025 su varutti.wordpress.com
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Progetto e testi di Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking a cura di Girolamo Jacobson e E. Varutti. Lettori: Claudio Ausilio (ANVGD di Arezzo), Bruna Zuccolin, Bruno Bonetti, Sergio Satti, Rosalba Meneghini (ANVGD di Udine) e i professori Paola Quargnolo e Enrico Modotti. Copertina: Eva S., “Quando i nonni stavano a Pola”, pennarelli su carta, 2001, cm 21 x 29,5. Collezione privata. Grazie a Alessandra Casgnola, Web designer e componente del Consiglio Esecutivo dell’ANVGD di Udine. Fotografie dall’Archivio di Arolsen (D) e studi presso l’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin, che fa parte pure del Consiglio nazionale del sodalizio e, dal 2024, è Coordinatore dell’ANVGD in Friuli Venezia Giulia. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/
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