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Via da Zara nel 1957, poi Trieste, Udine e Campo profughi di Laterina. Bruno Stipcevich racconta

Aggiornamento: 2 set 2022

“Non si poteva parlare, adesso raccontiamo tutto”. Me lo ripete più volte durante la videointervista Bruno Stipcevich, nato a Zara, in borgo Erizzo, nel 1939 ed esule a Meldola, in provincia di Forlì Cesena. “A Udine, nel Centro smistamento profughi, io e la mia famiglia siamo stati per circa 4 mesi – ha aggiunto – e al Centro raccolta profughi di Laterina sempre altri 4 mesi, durante il periodo invernale, dove faceva molto freddo nella baracca n. 10, con le coperte appese a far da parete e dal quale siamo usciti grazie a mia zia Alba Vagnak, che ci ha portato a Meldola, dove tutt’ora abito”.


Foto sopra - Zara, la mia prima pagella di scuola elementare (Borgo Erizzo) anno scolastico 1945-1946, in lingua serbo croata. Didascalia originale e collezione di Bruno Stipcevich.

Il nominativo degli Stipcevich Vagnak compare nell’Elenco alfabetico profughi giuliani, del Comune di Laterina (AR), al fascicolo n. 597; risultano emigrati per Meldola il 18 gennaio 1958. Tra l’altro, c’è da dire che di nominativi Stipcevich, di Dalmazia, in quell’Elenco ce ne sono addirittura una quarantina, finiti poi a Bologna e Ascoli Piceno. Si ricorda che Zara è un’enclave italiana in Dalmazia, dalla fine della Grande Guerra; poi dal 1941 diventa capoluogo del Governatorato Italiano della Dalmazia, istituito dopo l’invasione della Jugoslavia da parte delle forze dell’Asse. Dopo l’8 settembre 1943 la città è occupata dai nazisti, così gli angloamericani la bombardano dal cielo ben 54 volte, mentre i partigiani jugoslavi di Tito si fanno sempre più sentire e la occupano a fine ottobre del 1944, dopo la fuga dei tedeschi. Per gli storiografi jugoslavi la città è “liberata” dai titini vincitori contro il nazifascismo. Più tardi, tuttavia, comincia la caccia agli italiani.

Signor Bruno, quando siete venuti via da Zara e perché? “Nel 1957. C’era tanta fame e poco da mangiare – è la risposta – mio papà è arrestato dai titini nel dopoguerra e viene deportato ai lavori forzati nel Campo di concentramento di Knin [Tenin, in italiano, NdR] per quattro mesi, poi l’hanno rinchiuso nel gulag di Mostar per altri sette mesi, fino al rilascio. Ci ha salvato il cavallo per i lavori agricoli. Andavo a trovare mio papà col berretto e la stella rossa, per farmi passare dalla sentinella e disevo: Druze, Dober Dan. [Compagno, Buon giorno, NdR]”.


Bruno Stipcevich coi genitori a Meldola (FC), in Via Grepiola, 1958. Didascalia originale e collezione di Bruno Stipcevich.

Come ha raccontato a Franco D’Emilio, per un’intervista nel web, Bruno Stipcevich vede fatti orrendi nel dopoguerra a Zara. “Da un albero di marasche vicino al cimitero ho visto uccidere a sangue freddo due persone, prima costrette a scavarsi la fossa tra le tombe dello stesso camposanto e vanamente imploranti la pietà dei partigiani slavi assassini. – ha scritto Franco D’Emilio - Ad una visita a mio padre, incarcerato senza motivo, ma italiano, sentii raccontare di altri prigionieri italiani, mani legate dietro la schiena ed un peso al collo, spesso portati con barche in mare aperto e là fatti affogare… Per uno schiaffo, dato durante un litigio ad un coetaneo, figlio di un partigiano comunista, fui prelevato dalla milizia, portato in caserma e pestato duramente, infine rilasciato e, a casa, accolto dall’amorevole conforto di mia madre in lacrime che mi curò con lo strutto di maiale i segni delle percosse su tutta la schiena… Un mio cugino, colpevole di aver protestato contro i maltrattamenti, inflitti da combattenti partigiani slavi alle donne italiane, fu massacrato a colpi di asciugamani bagnati, perché non risultassero ferite… La sera, davanti al camino parlavamo solo di morte, pure delle sempre più ricorrenti voci su italiani, come noi perseguitati e scaraventati, ancora vivi, nelle foibe del Carso. Ogni sera, andando a letto, mi chiedevo se fossi arrivato al mattino successivo.

Quali altri fatti ricorda signor Bruno? “Ci toglievano ogni bene. Mi portarono via la bicicletta, dicendo che serviva al comunismo liberatore. Ogni notte a Zara si aveva paura che venissero a cercarci. Poi nei Campi profughi via per l’Italia siamo stati trattati male, non si poteva parlare, gli aretini ci dicevano: fascisti. Sono passato per Trieste. Solo a Udine siamo stati un po’ meglio. Abbiamo lavorato duro. Ho fatto il militare in aeronautica a Viterbo nel 1961 e solo adesso col Giorno del Ricordo mi sono deciso a parlare e a raccontare la sofferenza che ho passato”.

Foto qui sotto - Primo ritorno a Zara di Bruno per il Viaggio di nozze, 1964. Collezione Bruno Stipcevich.



È mai ritornato a Zara, oggi Zadar, nella Repubblica di Croazia? “Certo, sono andato in viaggio di nozze nel 1964, quando era Jugoslavia – ha concluso il signor Stipcevich – ho dei cugini là, poi sono andato altre volte. Da ultimo nel 2017 e lo scorso 24 agosto, ma è molto cambiata, gli amici sono scomparsi. Zara è la mia città natia. La osservo e non posso dimenticarla, per sempre resterà nel mio cuore”.


Il direttore del Centro smistamento profughi di Udine

Si chiamava Silvio De Paoli il direttore del Centro smistamento profughi di Udine, attivo in via Pradamano nella ex-GIL, dal 1947 al 1960. Il direttore De Paoli opera nel 1951, avendo trovato la sua firma sulla facciata posteriore del Passaporto provvisorio di Drandich (Drandi) Eufemia in Sponza di Valle d’Istria, domiciliata a Rovigno, esule appunto nel 1951 (Collezione Gabriele Sponza). “La mamma mi diceva sempre che – ha detto Paolo De Paoli, figlio del Direttore – quando sono nato, le donne del Campo profughi avevano regalato al papà tanti vestitini e altri piccoli oggetti per me neonato preparati da loro, a dimostrazione della stima che avevano per lui. Inoltre i suoi amici del tempo mi dicevano del suo coraggio nell’affrontare le situazioni difficili al Campo stesso”. In effetti i direttori dei Crp si sono dati da fare, nonostante le ristrettezze del dopoguerra, per alleviare i disagi della vita nelle baracche (a Laterina), o nei cameroni coi letti a castello (a Udine). A Laterina il Direttore finanzia, sin dal 1950, l’acquisto dei libri per gli scolari del Crp, mentre a Udine viene data una sistemazione migliore all’edificio ospitante i profughi. Ad esempio le sorelle Egle e Odette Tomissich, nate a Fiume, hanno ricordato il Csp di Udine, perché nelle camerate per le donne e i bambini c’erano sia le brande che la corrente elettrica. Mancavano del tutto invece, nel 1948, al Crp del Silos a Trieste, dove i profughi al buio dovevano arrangiarsi a dormire sul pavimento su dei fogli di giornale.


Foto sopra - Udine, Silvio De Paoli, direttore del Centro smistamento profughi di via Pradamano 21, col figlio Paolo, verso il 1957. Collezione Paolo De Paoli.

Fonti orali e digitali

Ringrazio le persone intervistate per la generosa disponibilità a riportare la propria testimonianza sull’esodo giuliano dalmata. Le interviste sono state condotte a Udine da Elio Varutti con taccuino, penna e macchina fotografica, se non altrimenti indicato.

- Paolo De Paoli, Udine 1955, email del 24 luglio 2022.

- Bruno Stipcevich, Zara 1939, videochiamata in Messenger del 28 agosto 2022.

- Odette Tomissich, Fiume 1932, int. del 3 febbraio 2011.

- Egle Tomissich (Fiume 1931-Udine 30.8.2022), int. del 31 ottobre 2017.

Fonti archivistiche

Comune di Laterina (AR), Elenco alfabetico profughi giuliani, 1949-1961, ms.

Collezioni private

Gabriele Sponza, Torino, passaporto provvisorio.

Bruno Stipcevich, Meldola (FC), fotografie.

Foto qui sotto - Udine, 1938 - Collegio Convitto Opera Nazionale Balilla, progetto dell’architetto Ermes Midena. Dal 1945 è Campo profughi istriani fiumani e dalmati e caserma inglese. Poi Centro smistamento profughi più grande d’Italia, 1947-1960. Archivio ANVGD Udine.


Cenni bibliografici e del web

- Franco D’Emilio, A Meldola Bruno Stipcevich per il Giorno del Ricordo, on line dal 9 febbraio 2022 su www.4live.it

- E. Varutti, “Trekking del Ricordo a Udine sui luoghi dell’esodo giuliano dalmata”, in: Cultura in Friuli V. Settimana della cultura friulana. Setemane de culture furlane 10-20 maggio 2018, a cura di Cristina Di Gleria e Marta Varutti, Società Filologica Friulana, Udine, 2019, pp. 173-184.

Note – Progetto e attività di ricerca di: Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking di Girolamo Jacobson e E. Varutti. Lettori: Bruno Stipcevich, Paolo De Paoli, oltre a Claudio Ausilio (dell’ANVGD di Arezzo), a Marina Bellina, Rosalba Meneghini, Mauro Tonino (dell’ANVGD di Udine) e il professor Stefano Meroi.


Copertina - Zara 1943, Bruno Stipcevich bambino con Anna Vagnak, sua mamma (al centro), con la zia Alba Vagnak e la nonna Anastasia Bailo. Collezione Bruno Stipcevich.

Adesioni al progetto: ANVGD di Arezzo e Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine. Fotografie dalla collezione di Bruno Stipcevich e Paolo De Paoli che si ringraziano per la cortese concessione alla diffusione e pubblicazione nel blog presente e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/


Bruno Stipcevich nel 2021 a Meldola (FC). Collezione Bruno Stipcevich.

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