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Tenente Raffaele Covatta nel gulag titino di Vršac, in Vojvodina, 1945-'47. La lista dei reclusi

Aggiornamento: 20 nov 2022

Non ho trovato la storia del campo di concentramento titino di Vršac / Verscrazzo, in Vojvodina, nella Jugoslavia di Tito. Ora si può alzare il sipario su quel gulag con documenti familiari della collezione di Raffaele Covatta (1913-2005), un sopravvissuto della “Compagnia italiana di Vršac”. Là sono detenuti dal 29 aprile 1945 al 5 marzo 1947, in condizioni terribili, un centinaio di ufficiali italiani e alcune centinaia di tedeschi catturati dagli Jugoslavi sul finire e dopo della Seconda guerra mondiale. Cinque militari della lista – pubblicata alla fine del presente saggio – risultano deceduti a Vršac per sevizie, malattia, astenia, stenti e uno a Albona; altri due a Borovnica. Cinque altri ufficiali periscono ancora a Vršac, secondo i dati dell’Albo Caduti RSI, di Arturo Conti. In totale 13 decessi. È il 14 per cento dei reclusi indicati nella citata lista, stilata negli anni ’90 del Novecento.


Foto sopra: Fiume, 16 aprile 1944. Il tenente Raffaele Covatta col figlio Gianluigi.


Le notizie sul Campo di concentramento di Vršac emergono da una lettera di Riccardo Falsetti (altro sopravvissuto) del 15 marzo 1993 indirizzata a 14 ex camerati sparsi per l’Italia, da cui si evince che essi hanno già effettuato, negli anni precedenti, ben tre incontri, o raduni di superstiti, come ad esempio a Bergamo. Certi incontri svoltisi a Bologna si sono tenuti “presso l’ospitale Convento di Cristo Re, dove sta padre Guerrino Fabbri” (ex compagno d’armi), come si legge nella medesima Lettera del Falsetti.

“Erano ufficiali italiani ai lavori forzati, dato che i militari di truppa erano stati liberati quasi subito dai titini, c’erano anche degli ungheresi – ha detto Gianluigi Covatta – e si vedevano pure i tedeschi che morivano come mosche, come ha raccontato mio padre Raffaele Covatta, tra le malattie più frequenti c’era il tifo petecchiale, poi i reclusi erano pieni di pidocchi”. Era il Campo di prigionia n. 238; era detto: “O.Z.L. di Vršac”. In serbo-croato pare sia: “Obrazovanje Zatvorski Logor”, da cui la sigla O.Z.L. del manoscritto di Riccardo Falsetti riportato in bibliografia, assieme ad altri documenti originali della Collezione Covatta. Qui ci sono novità esclusive che potrebbero aggiungersi ai dati della letteratura sinora disponibili, consultati dallo scrivente, per precisare certe notizie già pubblicate.

Il Campo di prigionia per l’istruzione di Vršac è citato nel volume di Amleto Ballarini e Mihael Sobolevski, del 2002. È il Campo prigionieri n. 238, come dalle lettere ai commilitoni di Riccardo Falsetti. Fa parte dei campi di “educazione politica antifascista”, secondo Ballarini e Sobolevski. I prigionieri venivano inquadrati in “battaglioni lavoratori” aventi lo stesso numero di riferimento del Campo di appartenenza. In ogni campo funzionava un Comitato antifascista alle dipendenze dirette dell’Ufficio di Belgrado, col compito di esprimere un giudizio sull’affidabilità politica di ogni prigioniero. Il giudizio positivo del presidente del Comitato antifascista comportava il rimpatrio del prigioniero italiano rieducato (Ballarini A, Sobolevski M 2002 : 87) altrimenti il disgraziato sarebbe restato nel Campo di detenzione a patire per altri mesi, o anni. “Non si sa se quei più di mille militari e 63 ufficiali abbiano mai fatto ritorno in patria – hanno aggiunto Ballarini e Sobolevski – né si conosce il numero dei deportati nei territori adriatici dopo l’occupazione jugoslava”. Si sa che nel 1962 c’erano ancora 36 italiani reclusi nel carcere di Sremska Mitrovica (Idem : 88). In tali carceri c’è un po’ di tutto: cominformisti e stalinisti del 1948, forse fascisti del 1945, forse solo italiani e basta. Fin qui le parole di Ballarini e Sobolevski. Nei gulag citati dal presente saggio (vedi la lista in fondo al testo) i decessi sfiorano la percentuale del 14 per cento; altro che rieducazione!

Lo stesso gulag titino di Vršac è menzionato nell’Inventario dell’Archivio Segreto Vaticano del 2004, riguardante l’Ufficio informazioni vaticano per i prigionieri di guerra istituito da Pio XII, con dati fino al 1947 e col titolo di cartolare: “Elenchi di 125 italiani residenti a Vrsac, in Iugoslavia, e a Timisoara, in Romania, giunti da Bucarest nel giugno 1945. Presenta la nota: «Telegrammi fatti da Mastrolorenzi».” (pag. 120). Poi cala la congiura del silenzio, per non disturbare il maresciallo Tito e la sua politica di distanziamento da Stalin. Nel 2010 il medesimo gulag viene appena menzionato in un volume edito a Udine nell’Elenco dei principali Campi di concentramento jugoslavi per la carcerazione di deportati militari e civili italiani (Corbanese G G, Mansutti A 2010 : 156, 160).

Raffaele Covatta, come già scritto, è sopravvissuto al Campo di prigionia per l’istruzione di Vršac. È il figlio Gianluigi Covatta a raccontarci la terribile vicenda del suo babbo e dei suoi commilitoni. Dalla collezione familiare c’è un Elenco di 93 nominativi (non solo 63), redatto da Riccardo Falsetti il 14 giugno 1992, dopo un raduno di reduci svoltosi a Bologna. Da quella data iniziano le ricerche di altri ufficiali sopravvissuti al Campo di Vršac, con lettere, questionari, telefonate e richieste ai Comuni fino al mese di aprile 1997, data della conclusione della ricerca di compagni d’armi, come risulta dalla Lettera di Riccardo Falsetti del 16 dicembre 1996.


Foto sopra: Fiume, Cosala, visita del Duca di Savoia, il primo a sinistra è Riccardo Gigante, l’autista è Giovanni Badina, nonno di Gianluigi Covatta testimone, anni ’30.


Covatta al Battaglione Mortai in Balcania

Nato a Napoli il 16 dicembre 1913, Raffaele Covatta muore a Udine nel 2005. Partecipa dal 6 aprile 1941 al 18 aprile 1941 alle operazioni di guerra svoltesi alla frontiera italo-jugoslava col 15° Battaglione Mortai da 81 mm. Dal 19 aprile 1941 al 5 gennaio 1943 partecipa alle operazioni di guerra svoltesi in Balcania col 15° Battaglione Mortai da 81 mm, come risulta dalla Dichiarazione del colonnello Dino Baldizzone del Distretto militare di Udine del 14 giugno 1961. “So che il mio babbo viene fatto prigioniero dai partigiani titini il 2 maggio 1945 a Buie – ha aggiunto Gianluigi Covatta – poi l’hanno tenuto in carcere a Capodistria, con interrogatori di una drugariza [donna partigiana, deriva dal diminutivo della parola serbo-croata “drug”, che significa “compagno”; nella letteratura dell’esodo ha assunto un’accezione dispregiativa, NdR]. Allora lo va a cercare mia madre Elena Badina, nata a Arcugnano (VI) nel 1920 e morta a Udine nel 2019, figlia del legionario dannunziano Giovanni Badina, da Arcugnano e di Rosa Tronca. Da Ontagnano, frazione di Gonars (UD), dove eravamo sfollati nel 1943-1944, si reca in treno a Trieste nel dopoguerra e, con passaggi in camion e su carretti, fino a San Pietro del Carso, Borovnica e a Fiume, per cercarlo e per capire dove fosse tenuto prigioniero. Voleva consegnare al marito carcerato un pacco di vestiario e cibarie. I militari jugoslavi hanno minacciato di spararle, se non fosse andata via, poi le danno la falsa informazione sulla sua morte, una ferale conferma viene pure da altri dati, secondo cui tutti gli ufficiali italiani sono stati portati a Lubiana per la fucilazione e lei queste notizie le ha scritte col lapis su dei foglietti, facendo una sorta di diario delle ricerche. Mio padre non ha mai ricevuto i pacchi inviati da mia mamma con spese e pagamenti fatti a certi triestini”.

La storiografia si è occupata dei Campi titini di prigionia di Borovnica (Pupo R 2022 : 210 e oltre), o come quello di Sremska Mitrovica, funzionante fino ai primi anni ’60, in Jugoslavia. Poco si sa del Campo di Vršac.

Ecco alcune righe dal Diario delle ricerche in Jugoslavia, scritto da Elena Badina, moglie di Raffaele Covatta: “Mentre faccio il pacco, alzo la testa ed incontro due occhi famelici che mi osservano con aria supplichevole. Mi chiede: pane, pane. È un italiano prigioniero, uno scheletro, è scalzo con un paio di pantaloni da militare laceri ed unti, una maglietta che non ha più forma, né colore, il volto infossato. Gli butto un pezzo di pane. Lo raccoglie e come una bestia affamata si nasconde e lo divora. Mi si avvicina un altro militare spettrale e svestito pure lui. Conosce Raffi [Raffaele, il marito, NdR] e Giovanni perché loro soldato. Mi prega se ho da dar loro un po’ di pane perché sono in otto che lavorano ed hanno una gran fame. Ci porto del pane, sardine, limoni e sigarette”.


Foto sopra: Diario delle ricerche in Jugoslavia di Elena Badina, particolare, 1946.


In un’altra pagina, venuta a sapere delle fucilazioni in massa degli ufficiali italiani da parte di autorità militari jugoslave, la signora Elena Badina annota: “ho chiuso gli occhi e mi sono sentita venir meno…”

Dopo varie peripezie, invece Raffaele Covatta rimpatria “il 26 giugno 1947 da Spalato fino a Ancona, non senza essere passato con i compagni di sventura per il Campo di ingrassamento di Zemun, presso Belgrado – ha detto Gianluigi Covatta – mio padre lo chiamava così, perché ci ha riferito che a Belgrado i prigionieri hanno ricevuto una dieta di insaccati e salumi, evidentemente per riprendere peso, in vista del rientro in Italia”.

Si ricorda che in quegli anni a Belgrado funzionano quattro Campi di concentramento titini per italiani: Saimnistè, Senjak, Zemun e Dunav (Ballarini A, Sobolevski M 2002 : 85). Anche nei gulag sovietici i prigionieri italiani, nel 1946, per un mese devono rimettere su peso prima del rimpatrio, come descritto da Giuseppe Bassi, riferendosi al campo di concentramento russo di Odessa, dopo aver patito freddo, fame, angherie e ricatti nei gulag di Tambov, Oranki, Suzdal, Vladimir e S. Valentino; si veda in bibliografia l’intervista di Andrea Priante.

“Una volta sbarcati ad Ancona, il 27 giugno 1947 – ha spiegato Covatta – c’era una pletora di donne che dicevano ai reduci di volerli aiutare a tornare a casa, dando loro informazioni a pagamento, così lui ha dato a una megera tutti i soldi appena ricevuti, senza aver in cambio nulla di concreto, fortuna che aveva il biglietto ferroviario.


Foto sopra: Ricevuta di pagamento del 7 ottobre 1946 per un pacco della Croce rossa da inviare da Trieste a Raffaele Covatta, detenuto al Campo di Vršac. Mai arrivato al prigioniero.


Allora, giunto a Udine a sera inoltrata e non trovando mezzi per raggiungere la famiglia, si è recato nell’albergo ‘Al Torrente’, in via Roma, spiegando la sua storia alla titolare, dicendo che era senza soldi, vestito con i calzoni corti della mimetica. In breve, la titolare lo ha ospitato generosamente, il giorno dopo è arrivato a Ontagnano, frazione di Gonars (UD). Quando ho visto mio papà in quelle condizioni, io sono scappato sotto il letto. Siamo rimasti ad Ontagnano fino al 1951, quando abbiamo avuto la casa popolare in via delle Fornaci a Udine [vicino al Centro smistamento profughi, NdR]. Per me, era la casa più bella del mondo, perché da lì ho visto per la prima volta passare il Giro d’Italia, che seguivo alla radio con il papà. Poi ricordo che mio papà era impiegato all’Ufficio del Lavoro e negli anni ‘60 si presenta per ottenere delle raccomandazioni un ex partigiano rosso di Ontagnano, che durante la guerra aveva minacciato la contadina che forniva il latte a mia madre per allattarmi di non dare più il latte ai Siôrs [i Signori; era il nomignolo per i profughi d’Istria, Fiume e Dalmazia, NdR], pena la uccisione di tutte le vacche. Nonostante quelle minacce del periodo bellico, mio padre lo ha aiutato lo stesso pur sapendo chi era”.

Nelle varie comunicazioni fra ex-compagni d’armi sopravvissuti della “Compagnia italiana di Vršac” si ha notizia, tra l’altro, della redazione di un Diario di Vršac, di 52 pagine a cura di Riccardo Falsetti, oltre a un Diario illustrato con disegni e spigolature “descrittivo dei 676 giorni” di prigionia, niente meno che di oltre 700 pagine. Le due opere, forse stampate, o fotocopiate in una quindicina di esclusive copie sarebbero un omaggio “ad alcuni compagni più reperibili e raggiungibili”, come si legge nella Lettera del 15 marzo 1993 di Riccardo Falsetti.

Oggi Vršac (in serbo Вршац; in ungherese Versec; in rumeno Vârşeţ) è una città e una municipalità della Vojvodina, provincia autonoma della Serbia. Nel 2003 la popolazione totale era di 40mila abitanti, di cui 5.913 rumeni, data la vicinanza con la frontiera rumena.


Foto sopra: Cartolina viaggiata per il Campo di Vršac nel mese di ottobre 1946, indirizzata e giunta al tenente Raffaele Covatta, con timbro della Croce rossa e delle poste italiane di Palmanova e Udine. Contiene delle affettuosità firmate dal figlio (Giaggi) di 3 anni, ma scritta dalla moglie Elena.

Foto sotto: Facciata anteriore della cartolina a tema religioso viaggiata per il Campo di Vršac nel mese di ottobre 1946, indirizzata e giunta al tenente Raffaele Covatta, che la riportò con sé al rimpatrio del 26 giugno 1947.


Elenco dei militari italiani prigionieri a Vršac, in Jugoslavia dal 1945 al 1947

Si riporta ora l’elenco degli ufficiali italiani prigionieri a Vršac, nella Vojvodina, in Jugoslavia sotto il controllo titino dal 29 aprile 1945 al 5 marzo 1947. L’elenco, opera di Riccardo Falsetti, è stato ricostruito secondo i ricordi dei commilitoni sfuggiti alla morte dal 1992 al 1997, mediante una serie di contatti scritti e telefonici fra sopravvissuti e con richieste ai sindaci dei Comuni italiani. Potrebbe contenere delle imprecisioni. L’autore dell’elenco si è avvalso pure del Ruolino della Compagnia italiana di Vršac, come risulta da una delle sue tabelle di ricerca reduci. Fa parte della collezione familiare Covatta di Udine. La compilazione dell’elenco aveva lo scopo di organizzare dei raduni di reduci negli anni ’90 del Novecento, come si nota dalle informazioni, comunque non esaustive, come si può comprendere. Ci sono i cognomi, l’anno di nascita, la città di residenza, o di stanza militare e, in qualche caso, poche altre note. Nella diffusione nel blog abbiamo tralasciato certi dati, per ovvi motivi di riservatezza. Oltre a varie cancellature di penna, in qualche caso il nominativo reca accanto una croce (†) ed è evidenziato, nelle tabelle originali, in colore arancio, per cui si deduce che risulti deceduto in Jugoslavia, in Italia, o durante lo svolgimento dell’indagine (1992-1997), in base alle ricerche degli ex commilitoni. Sono 42 i nominativi in tale stato. Al giorno d’oggi è assai improbabile che qualche reduce sia ancora in vita. Di qualcuno non si sa il luogo di residenza, né quello di nascita. Sono, infine, segnati i partecipanti, o gli interessati ai raduni, nelle tabelle originali evidenziati in colore verde, segnati qui sotto come “convegnisti”. Ci sono alcuni istriani, triestini, friulani e qualche omonimo. Alcuni nominativi sono stati rintracciati nell’Albo Caduti RSI, on line dal 2019, a cura di Arturo Conti, perciò la originale tabella della Compagnia italiana di Vršac, opera del Falsetti, è stata interpolata di notizie afferenti all’indagine.


Foto sotto: Credenziali di rimpatrio del prigioniero Covatta Raffaele tenente, datate a Belgrado 26 giugno 1947, con firma dattiloscritta del colonnello Georgjiević.


Elenco dei militari italiani prigionieri a Vršac in Jugoslavia, 1945-1947

1. Amodio Angelo, Gravina (BA) (†) il 18.1.1994.

2. Audisio O., Torino, (†).

3. Averna N., 1898.

4. Bartolotti Walter, 1911, Roma, convegnista.

5. Bertazzoni Ilbe, Gonzaga (MN), 1926.

6. Bianchi Cesare, 1919, Bologna, convegnista.

7. Biondi Aldo, Forlì, (†).

8. Bonassin A., 1920, Dignano (Pola), emigrato in Australia?

9. Bottari Carmelo, 1925, Milano, (†). Secondo l’Albo Caduti RSI il 26 novembre 1946 è fucilato da jugoslavi a Albona, in Istria, con sentenza del tribunale.

10. Bruni Francesco, Ferrara, (†).

11. Calvo L., 1920, Milano, (†) il 30.11.1989.

12. Canonica Mario, 1915, Mondovì (CN).

13. Carli Gian Luigi, 1916, Milano, convegnista.

14. Caselli Enrico, 1913, Venezia.

15. Cassano Giuseppe, 1914, Bari, (†) nel 1995.

16. Castellan Giulio, 1920, Trieste.

17. Catalano Stefano, 1917.

18. Cavallari E., Nespolo (RI), (†) il 15.8.1986.

19. Cazzato P., 1891.

20. Cellerino Marco, 1923, Segrate (MI).

21. Celli Guido, 1914, Orbetello (GR).

22. Comis Guido, Spilimbergo (PN), (†).

23. Compagnoni Felice, 1916, Viadana (MN), (†).

24. Concilio Domenico, Terni, (†).

25. Cottone A., 1909, Palermo.

26. Covatta Giovanni, Mirano (VE), maggiore. Scomparso in Istria nel 1945 a fine guerra, secondo Fulvio Farba su «L’Arena di Pola» (†). Secondo l’Albo Caduti RSI è nato il 1°/4/1905, a Limosano (CB). È Maggiore dell’Esercito Reparto “5^ Btg. Lavorat.”. Arrestato il 2/5/1945, a Buie (Pola), è prigioniero a Borovnica, Slovenia. Deceduto per stenti.

27. Covatta Raffaele, 1913, Udine, nato a Napoli, convegnista. Per errore l’Albo Caduti RSI lo definisce deceduto a Borovnica, Slovenia , in seguito all’arresto avvenuto a Buie il 2 maggio 1945.

28. De Nicola Adolfo, 1918, Milano, convegnista.

29. De Vivo Renato, 1913, Fidenza (PR).

30. Del Giudice Vittorio, Bologna, (†) il 13 ottobre 1992.

31. Fabbri padre Guerrino, 1914, Bologna (†) il 28.9.1996, convegnista.

32. Fabiano Gaetano, 1920, Agrigento.

33. Falcomatà Gaetano, 1925, Reggio Calabria, (†).

34. Falconi Antonio, 1901, (†). Secondo l’Albo Caduti RSI è nato a La Spezia. È fatto prigioniero in Montenegro dai partigiani. Dal 13 ottobre 1944 è detenuto nel Campo di Bijelo Polje, nel Sangiaccato montenegrino, poi a Vršac, dove muore di stenti e malattie.

35. Falsetti Riccardo, 1917, Montelupo Fiorentino (FI), tenente fautore della ricerca, convegnista. Per errore l’Albo Caduti RSI lo definisce “morto per malattia o sevizie”, dopo la cattura del 2.5.1945 a Buie (Pola) e la prigionia nel gulag di Borovnica, Slovenia.

36. Farci Benigno, 1921, Jerzu (NU), convegnista.

37. Firpo Bruno, Sestri Ponente (GE), (†).

38. Flego L., 1916, Roma, cognome istriano.

39. Gangemi G., 1916, Catania.

40. Gianbanco S., 1916, Trieste.

41. Gesmundo Gioacchino, Pola, (†) a Vršac il 3.10.1945. Secondo l’Albo Caduti RSI è nato a Terlizzi (BA). È catturato a Buie il 2 maggio 1945. Dal 25 maggio 1945 è prigioniero a Vršac, nel Banato, dove perisce di stenti.

42. Giara Eusebio, Asiago (VI), (†). Secondo l’Albo Caduti RSI è nato a Vercelli (NO) nel 1883. È nell’8° Reggimento Bersaglieri, 1° Battaglione “Mussolini”. Catturato il 29 aprile 1945 a Caporetto (GO), viene imprigionato a Vršac, dove muore di stenti.

43. Giovannelli Lino, 1913, Roma.

44. Girotti Francesco, 1915, Bareggio (MI).

45. Giunchi Guido, 1913, Forlì.

46. Guerrini Renato, San Mauro Pascoli (FO). Secondo l’Albo Caduti RSI è nato a Palena (CH) nel 1921. È catturato dai partigiani il 2 maggio 1945 e imprigionato a Buie (†). Muore a Vršac il 14 agosto 1946 per tifo e sevizie.

47. Irato Filippo, 1919, Patti (ME).

48. La Sala Luigi, 1916, San Marco in Lamis (FG).

49. Marchitelli Gerardo, Milano, (†).

50. Marianelli Franco, 1923, da Empoli (FI), Milano, convegnista.

51. Miarelli P., 1918, Petrella (RI).

52. Michelini Orlando, 1918, Bologna, convegnista.

53. Minguzzi Luigi, Forlì, (†).

54. Mikaelian Antonik, 1920, Roma.

55. Mognaschi Ezio, 1902, Genova. Per l’Albo Caduti RSI è nato il 5 dicembre 1902 a Genova. È Capitano dell’8° Reggimento Bersaglieri, Comandante del 1° Battaglione “Mussolini”. Catturato il 29 aprile 1945 a Caporetto (GO), è imprigionato Vršac, dove perisce di stenti (†).

56. Morcelli Angelo, San Lorenzo al Mare (IM), (†).

57. Naccari Lelio, 1921, Mileto (CZ).

58. Norrito Edmondo, 1921, (PA).

59. Olivieri Isidoro, 1918, (PA).

60. Orlandi Gastone, 1914, Genova, (†).

61. Pagliari L., Bonemerse (CR), (†).

62. Patavina G., Lussingrande (Pola), (†) a Vršac.

63. Pece Raffaele, 1919, Napoli.

64. Pedat F., Brescia, (†) a Vršac il 29.12.1945.

65. Piagentini Giovanni, 1902, Castellina in Chianti (LU), (†).

66. Police Paolo, 1921, Napoli, (†) il 24.7.1993.

67. Pranzo Oronzo, 1921, Lecce, (†).

68. Pucci I., Forlì, (†).

69. Pucci Z., 1911, Forlì.

70. Repetto Pietro., 1920, Genova.

71. Rizzo Pinna Vincenzo, Agrigento.

72. Rojatti Angelo, Trieste, (†) il 21.11.1990, cognome friulano.

73. Romano Luigi, 1895. Secondo una Lettera di Raffaele Covatta al Comando Fanteria del Comando Militare Territoriale di Napoli, datata 13 gennaio 1948, il tenente colonnello Romano, dopo aver comandato per disciplina interna,nel 1945, i militari italiani rinchiusi nel Campo titino di Borovnica, è stato al Campo di Vršac dal 15 luglio al 15 settembre 1945, quando è rimpatriato.

74. Rosa Manlio, Napoli, (†).

75. Ruperto Manfredi, 1920, Roma.

76. Sacchi Alessandro, 1924, da Civitavecchia (RM), Milano.

77. Sander L. 1918, Genova.

78. Sartori Emilio, 1919, Viterbo.

79. Sartori Guido, 1923, Padova. Secondo l’Albo Caduti RSI è di: Udine. Catturato il 9 maggio 1945 a Trieste; rinchiuso e morto nella prigione di Borovnica, in Slovenia (†). Lì, secondo Raoul Pupo, ci furono oltre 500 vittime italiane (Pupo R 2022 : 219). Gli jugoslavi, nel 1946, rinchiudono nei gulag oltre 12 mila prigionieri italiani, secondo il delegato della Croce Rossa Internazionale (Pupo R 2022 : 221).

80. Scoti G., 1921, Ischia, Napoli.

81. Sestilli Ferdinando, 1899, Trieste. Secondo l’Albo Caduti RSI è di: Avigliana (TO). Disperso a Vršac il giorno 1° luglio 1946 (†).

82. Spanghero I., 1910, Turriaco (GO).

83. Spinelli Alfonso, Ortanova (FG). Secondo l’Albo Caduti RSI è nato nel 1921. Viene catturato il 12 maggio 1945 e imprigionato a Celje, in Slovenia; trasferito al Campo di concentramento di Borovnica, muore di stenti (†).

84. Tavolin Giorgio, Venezia, (†).

85. Trucano Alberto, 1918, Milano, convegnista.

86. Truglio Vincenzo, Farra d’Isonzo (GO).Secondo l’Albo Caduti RSI è nato nel 1898 a Curinga (CZ). Viene catturato il 7 maggio 1945 a Farra d’Isonzo (GO) e imprigionato a Vršac, dove muore di stenti (†).

87. Uneddu Giovanni, 1925, Riccione (RN), convegnista.

88. Vanni M., 1919, Roma.

89. Vanni Tullio. Firenze, (†) nel 1975.

90. Vescia Luigi, 1907, Trani (BA) (†) il 30.5.1995, convegnista.

91. Vices Vinci S., 1918, Roma.

92. Zanda Ettore, 1910, Bergamo, comandante,(†) il 13.10.1996, convegnista.

93. Zibordi F., San Giovanni Dosso (MN).

FontiAlbo Caduti RSI, 2019. – Riccardo Falsetti, Situazione Gen. Comp. It. Uffic. ex Prig. Yu (Logor Vršac) [Situazione Generale della Compagnia Italiana Ufficiali ex Prigionieri in Jugoslavia (Campo di Verscrazzo)], Bologna 14.6.1992 ed aggiornato al 15 marzo 1993, pag. 4. – R. Falsetti, O.Z.L. Vršac. Elenco degli indirizzi aggiornati al 26 feb. 1995 (dopo l’accertamento effettuato con lettera 15.3.1993 e 28.12.1994) (sarà sostituito da altro dopo il 26.4.95) completato con aggiunta lett. 26.2.95 e dopo le ultime lettere del 15-20 mag. e 26 set. 1996 ad alcuni Sindaci dei Comuni, 5 fogli incollati a mo’ di locandina, cm 30x77, ms.


Foto sopra: Tabella per la ricerca dei reduci dal Campo di Vršac del 26 febbraio 1995, particolare, di Riccardo Falsetti, ms.


Considerazione conclusiva - Le ricerche sui fatti descritti nel presente saggio, datate al 2022, non finiscono qui. Vari storici ritengono che i fatti del confine orientale alla fine e dopo la Seconda guerra mondiale siano da relegare nel carattere locale, non riguardando l’intera nazione. Come si vede dalla lista dei nomi qui pubblicata le località di nascita o di chiamata alle armi si riferiscono a molte regioni d’Italia, perciò pare difficile ritenere la prigionia dei 93 ufficiali della Compagnia italiana di Vršac un fatto di solo interesse storico localistico.

Altri fattori da tenere presenti nel contesto della Vojvodina negli anni 1945-1947 sono senz’altro il ruolo dei servizi segreti titini, come la polizia politica dell’OZNA (Odeljenje za Zaštitu Naroda, ossia il “Dipartimento per la Protezione del Popolo”, parte dei servizi segreti militari jugoslavi). William Klinger ha scritto che: “Forte dell’apparato repressivo che fa perno sull’OZNA Tito è l’unico leader comunista europeo che non solo ha compiuto la liberazione e la rivoluzione comunista facendo affidamento sulle proprie forze, ma è anche l’unico a disporre di un apparato di terrore completamente indipendente da Mosca”.

Nella Vojvodina, infine, c’erano varie minoranze etniche, come quella tedesca, ungherese e rumena. Problemi grossi da affrontare per i nazionalisti titini, ma il Comitato centrale del Partito Comunista Jugoslavo li deve aver risolti come quello del Partito Comunista Sloveno, nell’agosto del 1944. Ecco gli ordini precisi: “Rinforzare l’Ozna. (…) Pulire in dimensione limitata, che non risulti un uccidersi reciproco” (grassetto del C. Citazione da Pupo R 2022 : 242). Forse questa è pulizia etnica?


Foto sotto: Intestazione tabella del 1995 per la ricerca dei reduci dal Campo di Vršac, copertina, di Riccardo Falsetti, ms.


Fonte orale - Intervista a cura di Elio Varutti con penna, taccuino e macchina fotografica. Si ringrazia per il racconto esclusivo, nonostante provochi ancor oggi dolore e disorientamento: Gianluigi Covatta, Fiume 1943, int. del 17, 25 febbraio e 1° aprile 2022 effettuata a Udine, in presenza della moglie Luisa Petricig con varie e-mail del periodo febbraio-aprile 2022.

Fonti originali – Tutte le fotografie e i documenti citati fanno parte della Collezione Covatta, di Udine. Si ringraziano Gianluigi Covatta e Luigi Falsetti, di Montelupo Fiorentino (FI), per averli messi a disposizione del ricercatore.

- Elena Badina in Covatta, Diario delle ricerche in Jugoslavia [Titolo del curatore, 1945-1946], pag. 5, ms.

- Raffaele Covatta, Lettera al Comando Fanteria del Comando Militare Territoriale di Napoli, 13 gennaio 1948, dattiloscr., p. 1.

- Ministero della Difesa, Esercito, Dichiarazione integrativa del tenente Covatta Raffaele a firma del colonnello Dino Baldizzone del Distretto militare di Udine, 14 giugno 1961, p. 1, stampato e dattiloscr.

- Riccardo Falsetti, Situazione Gen. Comp. It. Uffic. ex Prig. Yu (Logor Vršac) [Situazione Generale della Compagnia Italiana Ufficiali ex Prigionieri in Jugoslavia (Campo di Verscrazzo)], Bologna 14 giugno 1992 ed aggiornato al 15 marzo 1993, pag. 4, ms.

- R. Falsetti, Lettera ai commilitoni, 15 marzo 1993, pag. 5, dattiloscr. e ms.

- R. Falsetti, O.Z.L. Vršac. Elenco degli indirizzi aggiornati al 26 feb. 1995 (dopo l’accertamento effettuato con lettera 15.3.1993 e 28.12.1994) (sarà sostituito da altro dopo il 26.4.95) completato con aggiunta lett. 26.2.95 e dopo le ultime lettere del 15-20 mag. e 26 set. 1996 ad alcuni Sindaci dei Comuni, 5 fogli incollati a mo’ di locandina, cm 30x77, ms.

- R. Falsetti, Lettera ai commilitoni, 16 dicembre 1996, pag. 5, dattiloscr. e ms.


Foto sotto: Una delle prime liste di ricerca dei reduci dal Campo di Vršac del 1992, opera di Riccardo Falsetti.


Cenni bibliografici e del web

- Amleto Ballarini e Mihael Sobolevski (a cura di), Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947) / Zrtve talijanske nacionalnosti u rijeci i okolici (1939.-1947.), Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Roma, 2002.

- Gianni Barral, Borovnica ’45 al confine orientale d’Italia. Memorie di un ufficiale italiano, Milano, Paoline, 2.a edizione, 2007.

- Giuseppe Bassi, Dal fronte del Don ai lager sovietici – 42 mesi di prigionia nei campi di Tambov, Oranki, Suzdal, Vladimir, Odessa, S. Valentino, 24 dicembre 1942-7 luglio 1946, Villa del Conte (PD), Ars et Religio, Bertato, 2015.

- Arturo Conti (a cura di), Albo Caduti e Dispersi della Repubblica Sociale Italiana, 2019, disponibile nel web.

- Guerrino Girolamo Corbanese, Aldo Mansutti, Ancora sulle foibe. Gli scomparsi in Venezia Giulia, in Istria e in Dalmazia 1943-1945, Udine, Aviani & Aviani, 2010.

- Fulvio Farba, “Osteggiata dai tedeschi. Decima Mas in Istria”, «L’Arena di Pola», 15 aprile 1995, p. 6.

- Inter arma caritas. L’ufficio informazioni vaticano per i prigionieri di guerra istituito da Pio XII (1939-1947), I, Inventario, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2004.

- William Klinger, Ozna. Il terrore del popolo. Storia della polizia politica di Tito, Trieste, Luglio, 2015.

- Andrea Priante, “Il soldato Bepi, l’ultimo prigioniero dei gulag. ‘Putin un despota non impara dal passato”, Corriere del Veneto, «Corriere della Sera», 19 marzo 2022, p. 4.

- Raoul Pupo, Trieste ’45. Dalla risiera alle foibe (1.a ediz.: Bari-Roma, Laterza, 2010), Milano, RCS MediaGroup, 2022.


Foto sotto: Bologna, Padre Guerrino Fabbri, già detenuto al Campo di Vršac, al convengo di reduci del 14 giugno 1992, con la moglie di uno degli ex commilitoni.


Foto sopra: Il difficile rientro a casa del reduce di Vršac, disegno, grafite e acquerello su carta, anni 1946-1947.

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Note – Progetto e attività di ricerca di: Elio Varutti, Coordinatore del gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Gianluigi Covatta, Rosalba Covatta, Luigi Falsetti, oltre a Bruno Bonetti (vice presidente ANVGD di Udine), Annalisa Vucusa (ANVGD di Udine), Claudio Ausilio (ANVGD di Arezzo), Guido Giacometti (ANVGD Toscana) e il professor Stefano Meroi. Per la consultazione bibliografica in rete si ringrazia la direzione del Museo storico di Fiume, con sede a Roma.


Copertina: Disegno nostalgico dal Campo di concentramento di Vršac, si riconosce una firma di Gastone Orlandi, grafite e acquerello su carta, 1946. Adesioni al progetto: ANVGD di Arezzo e Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine. Fotografie di Elio Varutti, collezione di Gianluigi Covatta, Udine e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/


Foto sopra: Dissenteria - U’ Commendatore nei tristi giorni della Dissenteria. Dott. Cranzo della volante pulizia del Comm. [ironica didascalia originale; esiste un prigioniero di nome Pranzo], 1947, grafite su carta.


Foto sopra: Lettera a 14 commilitoni, di Riccardo Falsetti del 15 marzo 1993, particolare, dattiloscr.


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