È un libro di agile lettura sui fatti dell’esodo giuliano dalmata. È schietto e genuino, senza fronzoli, né ideologie o nazionalismi. Roba istriana, insomma. Suddiviso in 33 paragrafi è scritto più col cuore che con la testa. È il cuore di un ragazzo nato a Pola in via Carpaccio, esule dal 1947 a Castelfranco Veneto (TV), quando compone una commovente poesia qui pure pubblicata. La sua famiglia, a causa dei bombardamenti angloamericani, si sposta dai nonni a Rovigno. L’autore frequentava le scuole medie nel 1943, quando arrivano i partigiani a portar via la gente di notte, per ammazzarla nelle foibe. L’accusa è che erano fascisti, ma arrestano anche il postino ed altri con una divisa qualsiasi. Che fine hanno fatto i rovignesi prelevati dai titini, con ordini dall’interno? Pure suo padre, ufficiale dell’esercito italiano, viene imprigionato dai miliziani di Tito, assieme agli altri. Poi si capisce bene come funzionava la pulizia etnica razzista dei titini. Scrive l’autore: “è grazie all’intervento di un amico di famiglia, che conosce i capi del Comitato Popolare che mio padre viene liberato all’ultimo momento. Gli altri incarcerati, circa 40, vengono portati via la notte stessa e non faranno più ritorno” (pag. 8). Se qualcuno garantiva per l’arrestato, non c’era più pulizia etnica contro gli italiani. Insomma, ti salvavi per puro caso.
Com’è facile capire il volume non è di tipo storico, anche se affronta temi storici, con critiche severe ad autori che travisano la storia con sottofondi ideologici. Come recita il sottotitolo, è un insieme di Ricordi e pensieri di un esule istriano. L’autore fa pure delle incursioni nell’attualità, quando discute sul Giorno del Ricordo, di cui molti vorrebbero impadronirsi, o come quando descrive i suoi interventi nelle scuole superiori del Veneto sui temi dell’esodo giuliano dalmata.
Nella Prefazione, Carlo Montani, esule da Fiume, spiega che “L’Autore, con linguaggio asciutto ma efficace, offre un affresco significativo di quel dramma, riuscendo a farsi leggere di getto, come si conviene ad ogni opera in grado di coinvolgere il pubblico anche sul piano emozionale, ma non disgiunto da un corretto approccio storiografico (…)” (p. 3).
C’è poi un brano tratto dal libro Istria, Fiume e Dalmazia, di Guido Rumici. È assai emozionante il racconto di quando, nei primi anni del 2000, assieme a Francesco Tromba, di Rovigno e ad altri istriani, vanno a cercare la foiba di Vines (p. 63), dove fu ucciso dagli slavi il babbo del Tromba, come lo stesso Francesco ha riportato in un suo libro intitolato Pola cara, Istria terra nostra. Storia di uno di noi esuli istriani.
Il testo contiene alcuni interessanti elementi di etnografia, con i racconti della nonna Maria, le nenie per addormentare i piccini, incluse certe filastrocche un po’ magiche, un po’ terrifiche, un po’ ridicole, come quella della putela che “prega San Filipo / che la ghe mandi un bel marito / tanto bon e tanto rico” (p. 49).
Altro fatto notevole è che un così piccolo volume, privo di editore e di luogo di stampa, contenga notazioni storiche sull’esodo dei dalmati dal 1921 al 1929 (p. 124). Molto apprezzabile dai linguisti penso sia l’intero paragrafo in dialetto istro-veneto, intitolato “Estati rovignesi” (pp. 27-35).
Il libro qui recensito
Bruno Carra Nascimbeni, Istria addio. Ricordi e pensieri di un esule istriano, [s.e., s.l.], 2020, pp.132.
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Recensione di Elio Varutti. Servizio redazionale e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Copertina: Cartolina di Rovigno (dal web). Fotografie dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30
e-mail: anvgd.udine@gmail.com
Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.
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