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Cucs, sépas e répas. Poesie di Alfio Anziutti Timilin, di Forni di Sopra

Aggiornamento: 21 dic 2020

Non tragga in inganno il titolo Cucs, sépas e répas, in lingua friulana, variante fornese, questo quaderno di composizioni è scritto soprattutto in lingua italiana. Solamente due serie di versi sono in friulano/fornese con traduzione italiana a fianco. Di un quaderno si tratta, poiché è in formato UNI A4, ossia di cm. 21 x 29,5. I Cucs sono i noccioli della frutta. Sépas, sono i semi di zucca. Répas sono i ceppi, o teste. Come a dire: tre parole della natura. Oggetti di non grande, o di quasi scarso valore, molto apprezzati dall’Autore tuttavia. È così che si presenta Alfio Anziutti, detto Tilimin a Forni di Sopra (UD), suo paese natale, con un patronimico affascinante. Pure bella è la fotografia che lo ritrae in copertina di questa sua opera del 2020. L’immagine è del 1953. È stata scattata in Siela (verso il Pic di Siela, m. 2.060), con un orizzonte da Risumiela (Forcella della Croce di Tragonia) a Forada (valico dolomitico verso il Cadore); tutti toponimi locali da cercare col lanternino sulle carte geografiche della Editrice Tabacco, o dell’IGM, o – forse – pure in Google.

L’animus di questo autore, quasi ottantenne, è di rimpianto per la sua montagna di metà del Novecento. Accudita, falciata e, addirittura, coltivata ove possibile. I paesi carnici di quei tempi erano abitati da migliaia di persone, anche se molte se le portava via l’emigrazione. Oggi gli stessi paesi hanno più che dimezzato la popolazione, col fenomeno dell’abbandono della montagna. Foto qui sotto: Alfio Anziutti, I tiranni, legno e ferro, cm. 30 x 30 x 10 ca., post 2010.


Questo quaderno di Timilin, tanto per collocare lo scrittore, si apre con un saggio intitolato Ribelli e tumulti popolari nei Forni Savorgnani. Si va dal latino Vicus, che dà il nome a due borgate, sia a Forni di Sopra, che a Forni di Sotto, senza dimenticare una spolverata ai Celti, molto di moda in questi ultimi decenni, fino ai Longobardi, dei quali c’è certezza storica. Nelle quattro pagine del saggio si passa al Patriarcato d’Aquileia, fino ai Luogotenenti veneti e ai moti del 1848, secondo una visione antisabauda, anche questa molto di moda negli ultimi decenni, come ad esempio in certi autori che trattano il brigantaggio filoborbonico del Mezzogiorno (1860-1870) non solo come una ventata antiunitaria e antigaribaldina, ma qualcosa di più. Timilin si scaglia con la stessa energia contro le gravezze veneziane del Seicento, come contro l’uccisione dei quattro Fusilâts di Cercivento, del 1916, tra i quali c’è il suo compaesano emigrante alpino Giobatta Coradazzi, caduto sotto il plotone d’esecuzione dei Carabinieri e le servitù militari dell’ultima metà del Novecento, attorno al poligono Nato del Monte Bivera.

Scorrono poi le 30 composizioni poetiche circa, corredate da alcune immagini delle opere materiche prodotte dallo stesso Timilin dopo il 2000, utilizzando ferri, legni e materiale di riciclo vario. Qui le citazioni abbondano: Goya, Courbet, Escher, Brecht, Pasolini, Munch, Dalì, Bosch, Picasso e Marx, non i fratelli. Le propone lui stesso, assieme a dei nomi locali, fattisi notare pure fuori dalla provincia, come Leonardo Zannier, Giorgio Ferigo e Tina Modotti.

La sua produzione artistica - L’Autore ha alle spalle altre raccolte di versi che hanno circolato in modo strano, per la scarsità di copie stampate (e per lo più autofinanziate). Qualcosa della sua produzione può essere reperita nella biblioteca della Società Filologica Friulana a Udine. Ad esempio la sua ‘opera prima’ è un originale pamphlet di 20 poesie intitolate Resina cerebrale, fotocopiate nel 1988. Assomiglia più ad uno Samizdat russo, che a una raccolta poetica italiana degli anni Ottanta. Doveva ancora cadere il Muro di Berlino, che Timilin si dilettava a comporre versi per il suo paese, per l’ambiente, per la Carnia. Nella seconda sua raccolta, intitolata La Dintona, del 1992, egli si definisce quasi con scherno autodidatta e montanaro, nato nel 1942 ed impegnato sul fronte popolare a difendere i valori, la cultura e l’ambiente della montagna. Nelle 136 pagine della sua seconda opera, ci sono varie fotografie storiche della gente del paese e di una vita dedicata all’emigrazione. Il 1993 è assai prolifico per il poeta Timilin. Escono, alle solite in fotocopia, ben due raccolte di 30-40 pagine. Per fortuna qui molte liriche sono in lingua friulana, nonostante il titolo esclusivamente italico, così si potrebbe annoverarlo nelle antologie di autori friulani in marilenghe. Una s’intitola Il più lontano possibile. Visioni, mentre la seconda è Sopralluogo tra i resti. Visioni.

Pure qui l’Autore si impegna in un complesso pastiche, citando indifferentemente, ad esempio, Goethe, Klopstock e Siro Angeli.

Si tratta, in conclusione, di componimenti da leggere e rileggere, cercando di cogliere ciò che l’Autore intende diffondere, cioè i valori montanari, dai quali non si schioderebbe proprio per nulla. Timilin è stato tra i fondatori e redattori del periodico fornese «Sfuòi fornés», nell'ultimo quarto di secolo del Novecento per tante battaglie in difesa dell’ambiente montanaro con le sue preziose acque, fiori, animali sia chiaro. Per lui la pianura è solo nebbia fastidiosa.

Foto sopra: A. Anziutti, I barbari alle porte... Bisanzio 1453, legno e ferro, cm 30 x 40 x 15, post 2010.


Il libro qui recensito - Alfio Anziutti Timilin, Cucs, sépas e répas. Composizioni e pensieri (2010-2020), Forni di Sopra (UD), Circolo Fornese di Cultura, 2020, pp. 26.

Info sul volume: timilin.for@gmail.com

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Recensione di Elio Varutti. Ricerche e Networking a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Qui sotto, la copertina del quaderno stampato a Tolmezzo (UD).


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